Il settore agroalimentare e il Made in Italy

Una fra le materie più interessanti approfondite nella mia specialistica “Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo” è stata “Economia e Politica Agroalimentare”. Per questo oggi approfondirò il tema del “Made in Italy all’interno del settore agroalimentare“.

Sappiamo che l’Italia occupa un ruolo strategico nel settore agroalimentare mondiale, conosciamo i prodotti di punta e andiamo fieri delle nostre materie prime di qualità.

Ma quanto ne sappiamo a livello internazionale? Quanta ricchezza produciamo grazie alle movimentazioni del settore agroalimentare?

Di seguito darò un quadro aggiornato della situazione, considerato lo scenario pre covid-19.

La fonte dei dati utilizzati è il CREA, acronimo di “Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria”.

Il settore agroalimentare ed il Made in Italy: I 10 Paesi maggiormente esportatori

Cominciamo con i primi 10 Paesi esportatori del settore che stiamo considerando. Essi rappresentano il 54% delle esportazioni agroalimentari di tutto il mondo. Si tratta di:

  1. Stati Uniti
  2. Paesi Bassi
  3. Germania
  4. Brasile
  5. Francia
  6. Cina
  7. Spagna
  8. Canada
  9. Belgio
  10. Italia

Un ultimo posto! Strano! Scherzi a parte, è positivo ed importante il ruolo dell’Italia in questa classifica.

Il livello di specializzazione agroalimentare

Per calcolare esattamente quanto un Paese sia specializzato in una produzione alimentare, si fa ricorso al cosiddetto “Indice di Balassa“, in nome tecnico RCA (Revealed Comparative Advantages).

Questo indice è dato dal rapporto tra la quota dell’export agroalimentare sull’export totale del Paese X e la quota delle esportazioni agroalimentari sulle esportazioni totali mondiali.

Se l’indice è maggiore (>) di 1 significa che il Paese è specializzato nelle esportazioni agroalimentari; se l’indice è uguale o minore (= o <) di 1 significa che si è despecializzato.

Come si può osservare dalla tabella sottostante, l’Italia ha un RCA = o < ad 1, ma in aumento (il suo ruolo fra i 10 Paesi esportatori lo potrà mantenere!)

Nota per la lettura della tabella: Ruota lo schermo del tuo smartphone!

Specializzazione
RCA Bassa specializzazione (RCA<=1) Alta specializzazione (RCA>1)
RCA stabile o in riduzione Regno Unito, Cina Danimarca, Cile, Paesi Bassi, Thailandia, Francia, Australia, Polonia, Turchia, Belgio, Lussemburgo, India, Irlanda
RCA in aumento  Italia, Messico, Germania Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Indonesia, Spagna, Malesia, Canada, Stati Uniti, Ucraina

Il settore agroalimentare ed il Made in Italy: I 10 paesi maggiormente importatori

Per dare il quadro completo, è importante considerare anche i 10 Paesi maggiormente importatori del mondo. Questi rappresentano il 56% delle importazioni totali globali:

  1. Stati Uniti
  2. Cina
  3. Germania
  4. Giappone
  5. Regno Unito
  6. Paesi Bassi
  7. Francia
  8. Italia
  9. Belgio
  10. Russia

Per fare chiarezza, è normalissimo che un Paese compaia sia fra i maggiori esportatori che fra i maggiori importatori. Soprattutto in campo alimentare, non si è dotati quasi mai di tutte le categorie alimentari, quindi accade non di rado che chi ha una concentrazione di materie prime, pecca poi nel possedere delle altre. Questo spinge il Paese a fare ricorso esternamente e quindi ad importarlo.

Made in Italy nel settore agroalimentare

Il ruolo dell’Italia invece è curioso. Se da luogo comune ci conosciamo come dei grandi esportatori di alimenti, beh i dati dimostrano il contrario: siamo più importatori che esportatori! Quindi, quantificando, abbiamo più costi che ricavi. Questo ci porta ad avere un deficit strutturale nella bilancia commerciale.

I tre motivi per i quali le nostre Importazioni sono tendenzialmente più alte dipendono da:

  • caratteristiche del nostro settore agricolo;
  • dipendenza di determinati prodotti che si trovano all’estero;
  • necessità di reperire materie prime che sono utili alla trasformazione di alcuni nostri prodotti.

Andiamo a vedere cosa importiamo e cosa esportiamo.

I primi 10 prodotti che importiamo maggiormente sono:

  1. Preparazioni di pesce
  2. Bovini-carcasse fresche o refrigerate
  3. Suini-carcasse fresche o refrigerate
  4. Alimenti zootecnici
  5. Olio di semi
  6. Latte
  7. Animali vivi non riproduttori (?)
  8. Olio d’oliva vergine
  9. Grano tenero
  10. Caffè grezzo

Vi attenziono sui primi 4 prodotti. Ci rendiamo conto che se facessimo tutti ricorso ad una dieta Flexitarian, ridurremmo le importazioni? E si abbasserebbe anche il deficit?

Quali prodotti sono strategici nel rendere il nostro Made in Italy così celebrato?

I 10 prodotti di cui possiamo andare orgogliosi e che rendono il Made in Italy famoso in tutto il mondo sono:

  1. Vino
  2. Pasta
  3. Salse/condimenti
  4. Pomodori
  5. Frutta, nello specifico: mele, kiwi e pere
  6. Alcune tipologie di formaggi
  7. Panetteria
  8. Olio d’oliva vergine
  9. Ortaggi freschi
  10. Cioccolato e derivati

I nostri acquirenti sono soprattutto i Paesi dell’UE, la vicinanza gioca a favore di questa vendita. Infatti troviamo la Germania (la pasta nei loro supermercati proviene al 95% dal nostro Paese), la Francia, il Regno Unito, la Svizzera, la Spagna e l’Austria. Ma un ottimo posto è occupato anche dagli Stati Uniti (siamo i loro fornitori di vino! e la loro pasta in commercio proviene per il 53% dalle industrie italiane), dal Canada e anche dal Giappone.

Per riepilogare il settore agroalimentare italiano è in buona salute. Abbiamo un ottimo indice di qualità e di innovazione tecnologica (definito indice di sofisticazione).

Made in Italy o Italian Sounding?

Il Made In Italy nel settore agroalimentare danneggiato dall'"italian sounding"
Esempio di “italian sounding”

Purtroppo cadiamo vittima del fenomeno dell'”italian sounding” che ogni anno ci costa 60 miliardi di euro nel mondo e delle Agromafie che anche loro si interessano delle contraffazioni e degli smaltimenti illegali di alcuni prodotti residui.

Sarebbe interessante riprendere l’argomento al termine di questa crisi portata dal covid-19 e osservare eventuali cambiamenti dello scenario appena approfondito.

I dati però sono a nostro favore, sembra infatti che l’Italia si sia sempre rialzata egregiamente in piedi dopo i periodi più difficili che hanno disturbato i mercati mondiali e che si sia sempre riuscita a collocare in modo strategico con diversi livelli qualitativi di prodotti ma riuscendo pienamente a difendere i requisiti del proprio Made In Italy.

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